A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
In queste pagine scopriremo insieme la storia di questa suggestiva villa,
la prima sorta nel Rinascimento nel ducato di Milano, ed il cui nome, come
vedremo, non si riferisce ad una splendida fanciulla bensì ad una famiglia
che ne fu proprietaria.
Tutto ebbe inizio il 15 aprile 1502, quando Gualtiero da Bascapè, che
era un fido aiutante di Ludovico il Moro, svolgendo per lui le funzioni di
Giudice di Dazi, Maestro delle entrate straordinarie e Cancelliere, acquistò
una vigna di ottanta pertiche fuori dalle mura cittadine. A tale
epoca infatti risale la prima fase costruttiva della villa, che dal nome del
suo proprietario fu detta La Gualtiera; questa fase portò alla messa in opera
delle cinque arcate del portico sul lato orientale dell'edificio.
Nel 1508, alla morte di Gualtiero, la villa passò in eredità alla pia
Confraternita di Santa Corona, di cui egli stesso era membro; ma è nel 1547 che
si verifica un passaggio di proprietà che segnerà profondamente la villa in
questione.
Avviene infatti che la villa diviene possesso di Don Ferrante Gonzaga (da
cui prenderà il nome "La Gonzaga"), all'epoca Governatore di Milano, che dà
mandato al suo architetto preferito, il pratese Domenico Giunti,
di farne una "villa di delizie".
Spendiamo due parole per ricordare che a Domenico Giunti, in quegli stessi
anni, Don Ferrante Gonzaga commissionò la costruzione della cinta muraria della
città, quella nota ai nostri giorni col nome di "mura spagnole", tuttora
parzialmente visibile in alcuni tratti (ad esempio in piazzale Medaglie d'Oro).
Oltre a questa opera, si devono al Giunti la chiesa di Sant'Angelo dei minori
osservanti, la cui prima pietra venne posata il 21 febbraio 1552, nonchè il
rifacimento del Palazzo Reale in piazza Duomo, riportato ad essere a tutti gli
effetti una Corte Ducale, con la realizzazione in primis di un appartamento
nobile con la residenza del governatore e le sale di udienza.
Tornando alla villa, vediamo in che cosa consisteva all'epoca, traendo
queste informazioni da un atto notarile dell'epoca:
"(omissis...) uno stabile fuori porta Comasina con salone al piano terra,
portico a un lato del salone, portico da lato a lato del salone, camera per il
riscaldamento, un'altra camera attigua, cucina, dispensa attigua dove sta il
forno, stalla, piccolo parco recintato in cui è edificata la cappella della
Gualtiera, con annessa camera, colombaia e sala superiore aperta; al piano
terreno otto camere, un camerino, pozzo nero e tutte le attrezzature necessarie.
Terra da giardino, parte coltivata a vite, parte tenuta a parco; qui è
edificato un deposito (omissis...)".
Possiamo quindi dire che la villa constava di tre corpi di fabbrica,
disposti ad "U" intorno ad un giardino situato sul retro dell'edificio; sulla
facciata si trovava un porticato.
Su questo edificio Giunti apporta significativi cambiamenti, ma non lo
snatura, anzi lo completa, costruendo il prospetto principale della villa
sul lato meridionale della stessa, onde rispettare il loggiato ad est.
All'interno ed all'esterno dell'edificio, li Giunti aggiunge affreschi,
disegnandoli egli stesso su cartoni, e passa
infine alla realizzazione anche dei più piccoli particolari, dalla conigliera
al pollaio. Questo immane lavoro viene completato nel 1553.
A questo punto l'aspetto della villa è simile a quello che è giunto
ai giorni nostri, nonostante i numerosi passaggi di proprietà che si susseguiranno
nei secoli. Tra quelli che ci sono pervenuti, il primo è quello che assegna la
villa ad Alessandro Simonetta, esponente dei servizi diplomatici dello Stato
della Chiesa, che le darà il nome che tuttora porta.
In seguito note famiglie patrizie si susseguiranno nella proprietà di
questa villa: dai Castelbarco, proprietari di varie ville in Lombardia, ai
Clerici (in particolare a quel Conte Carlo che, nel 1676, comperò il terreno su
cui fece sorgere pochi anni dopo la Villa Clerici tuttora visibile a Niguarda,
probabilmente la più raffinata del borgo), agli Osculati.
Dopo un periodo di abbandono, nel 1836 ospitò un ospedale per malati di
colera, indi fu trasformata in cotonificio, ed in seguito ospitò un magazzino
di falegnameria, un'officina meccanica ed infine un'osteria, detta "Osteria di
balabiott" (termine milanese per "spiantati"), che scomparve all'inizio del
ventesimo secolo. I bombardamenti della seconda guerra mondiale portarono danni
notevolissimi; nel febbraio 1959 la villa venne completamente restaurata dal
Comune di Milano, suo attuale proprietario, che la adibì a sede della Civica
Scuola di Musica nel 1980.
Ai nostri giorni, il palazzo espone leggiadramente a mezzogiorno i tre
loggiati sovrapposti (al piano terreno ad arcate, ai superiori ad architrave),
mentre si protende con le due ali (ahimè ormai pressochè prive dei loggiati
originari) verso quello che era il giardino all'italiana, di cui avanza
soltanto, a chiusura della corte, la peschiera, oggi asciutta, scavalcata da
un ponticello. Sulla facciata principale invece sono ancora visibili
tracce degli affreschi che l'adornavano.
La caratteristica però più nota della villa è senz'altro la prodigiosa
eco che era possibile sentire nel cortile, ove una scritta sul muro riportava
che era possibile sentire fino a cinquanta volte un colpo di fucile ivi
sparato; questo viene documentato, relativamente ad un colpo di pistola, pure
dal noto scrittore Stendhal, che vi si trovava nel 1816. Ed anche l'osteria
succitata, che vi si trovava all'inizio del ventesimo secolo, si fregiava
nell'insegna del motto "la più famosa eco del mondo".
Villa Simonetta si trova nella parte nord-ovest della città, e può essere raggiunta con il tram 12 da piazza Duomo, con un breve tratto a piedi. |